L’Istat rileva che la discesa risente soprattutto dell’inversione di tendenza dei beni energetici regolamentati (-12,0% su base annua).
Restano le tensioni sui prezzi al consumo di diverse categorie di prodotti, quali gli alimentari lavorati, gli altri beni (durevoli e non durevoli) e i servizi dell’abitazione, che contribuiscono alla lieve accelerazione della componente di fondo.
L’inflazione al 10% e il carrello della spesa al 12%.
La flessione del tasso di inflazione si deve, principalmente, al forte rallentamento su base tendenziale dei prezzi dei beni energetici regolamentati (da +70,2% a -12,0%) e dei beni energetici non regolamentati (da +63,3% a +59,3%), degli alimentari non lavorati (da +9,5% a +8,0%) e dei servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (da +6,2% a +5,5%).
Gli effetti di tali andamenti sono stati solo in parte controbilanciati dall’accelerazione dei prezzi dei beni durevoli (da +6,4% a +6,8%), dei beni non durevoli (da +6,1% a +6,7%) e dei servizi relativi all’abitazione (da +2,1% a +3,2%).
CS_Prezzi-al-consumo_Prov_Gennaio2023
L’inflazione pesa diversamente sul territorio, con variazioni anche consistenti tra aree limitrofe.
A gennaio l’inflazione più alta c’è nelle Isole (+11,7%, in lieve rallentamento da +13,9% di dicembre), a cui segue il Nord-Ovest (+10,0%, da +11,4% del mese precedente).
Tassi inferiori alla media nazionale ci sono invece nel Sud (+9,9%, da +11,7%), nel Nord-Est (+9,7%, da +11,5%) e nel Centro (+9,6%, da +11,0%).
Nei capoluoghi delle regioni e delle province autonome e nei comuni non capoluoghi con più di 150mila abitanti, prosegue l’Istat, l’inflazione più elevata si osserva a Catania (+12,6%), Genova (+11,8%) e Palermo (+11,7%), mentre le variazioni tendenziali più contenute si registrano ad Aosta (+7,6%) e a Potenza (+7,5%).